RESPONSABILITÀ FISCALE DEGLI ACQUIRENTI

L’acquisto di alcune tipologie di beni può determinare la responsabilità del cessionario per l’IVA non pagata dal proprio fornitore. Anche benzina e gasolio tra gli acquisti “a rischio” 

La normativa fiscale prevede forme di responsabilità, in funzione antifrode, anche a carico di chi non è direttamente l’autore della violazione. In particolare, i titolari di partita IVA che acquistano un bene incluso in una delle tipologie di seguito elencate, possono essere chiamati a rispondere dell’IVA non versata dal loro fornitore.

Di seguito, gli acquisti a rischio:

– Autoveicoli, motoveicoli, rimorchi;

– Prodotti di telefonia e loro accessori;

– Personal computer, componenti ed accessori;

– Animali vivi della specie bovina, ovina e suina e loro carni fresche;

– Pneumatici nuovi, di gomma; pneumatici rigenerati o usati, di gomma; gomme piene o semipiene; battistrada per pneumatici e protettori, di gomma;

– Benzina e gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori (quest’ultima categoria è stata introdotta con decreto dello scorso 10 gennaio).

La responsabilità scatta quando (contemporaneamente):

– Il cedente non versa l’IVA sulla cessione;

– La cessione è effettuata ad un prezzo inferiore rispetto al valore normale.

Ipotizziamo un qualunque soggetto titolare di partita IVA (professionista, imprenditore, commerciante, artigiano, ecc.).

Costui acquista un personal computer per l’esercizio della propria attività (o uno qualunque degli altri beni in lista), pagandolo ad un prezzo inferiore rispetto a quello normale.

Da un accertamento fiscale in capo al fornitore emerge che l’IVA su quella fornitura non è stata versata.

L’Agenzia delle Entrate può recuperare l’IVA (che il fornitore avrebbe dovuto versare), anche coattivamente, in capo all’acquirente. Trattandosi di responsabilità solidale, l’acquirente potrà poi rivalersi sul fornitore (ma, presumibilmente, con esiti dubbi e, quantomeno, tempi non brevi). La responsabilità solidale riguarda la sola IVA, e non si estende alle sanzioni.

L’acquirente può sottrarsi a tale responsabilità dimostrando (alternativamente) che:

– L’acquisto è avvenuto ad un prezzo più basso rispetto al valore di normale, per eventi o situazioni di fatto oggettive non riconducibili al mancato versamento di IVA (mancato versamento che normalmente rende più competitivo il fornitore, consentendogli di praticare prezzi più bassi);

– L’acquisto è avvenuto ad un prezzo più basso rispetto al valore normale, non per ragioni riconducibili al mancato versamento di IVA, ma a causa di specifiche disposizioni di legge.

La dimostrazione deve essere resa con documenti (non è sufficiente una testimonianza o una dichiarazione).

E’ evidente come una simile norma possa finire per penalizzare, ingiustamente, soggetti del tutto ignari del mancato versamento IVA del proprio fornitore.

Qualunque titolare di partita IVA può vedersi richiedere l’imposta (che ha già corrisposto al fornitore in sede di acquisto, e che il proprio fornitore avrebbe dovuto versare allo Stato), magari a distanza di anni, pur senza aver minimamente partecipato alla frode (e con poche speranze di poterla poi recuperare).

Lo scenario è ancor più inquietante, se pensiamo che è l’acquirente a dover dimostrare che l’acquisto a prezzi inferiori non è stato determinato dal mancato versamento dell’IVA da parte del proprio fornitore (!). Difficile immaginare (e dimostrare) “eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili” che hanno determinato l’abbattimento del prezzo. Si può pensare ad un grande acquirente che viene premiato dal fornitore con un acquisto a prezzi inferiori, ma è arduo documentare tale circostanza, e ritenerla oggettiva. Ancora, viene in mente una vendita forzata gestita da pubbliche autorità, o nell’ambito di procedure di evidenza pubblica.

Altrettanto raro è l’abbattimento del prezzo per disposizioni di legge specifiche.

Si è parlato di valore normale.

Si tratta, in estrema sintesi, del valore di mercato. Naturalmente tale valore va rapportato al momento, allo stato del bene, alla zona geografica, ecc. Un’autovettura usata, se venduta ad un prezzo inferiore al nuovo, ma conforme al prezzo degli usati nello stesso stato, non verrà assoggettata alla disciplina in oggetto. La definizione di valore normale è contenuta nell’art.14, D.P.R. n.633/1972, che lo identifica con l’importo che il cessionario avrebbe dovuto pagare al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente indipendente, nel tempo e nel luogo di tale cessione. Se manca il termine di paragone (cessioni analoghe), si fa riferimento al prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza, al prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni.

Di seguito qualche consiglio per ridurre le possibilità di trovarsi a rispondere per fatti altrui (IVA non versata dal fornitore), quando si acquistano a prezzi favorevoli i beni indicati:

– Selezionare con cura i propri fornitori;

– Diffidare di sconti anomali rispetto ai valori correnti di mercato;

– In presenza di forniture di importo considerevole, e sconti di prezzo, pattuire anticipatamente con il proprio fornitore forme di controllo sul relativo versamento IVA;

– Conservare tutti i documenti che possono fare emergere le ragioni oggettive (o le disposizioni di legge) che hanno determinato la riduzione del prezzo.

E’ invero abbastanza complicato verificare che il proprio fornitore abbia versato l’IVA sulla specifica cessione, dal momento che il tributo si versa indistintamente con riferimento ad una pluralità di operazioni.

Certamente anche l’Agenzia delle Entrate può incontrare le medesime difficoltà (dimostrare che l’IVA non versata ha riguardato quella specifica cessione), salvo casi di coincidenze matematiche e temporali (es. vendita di due soli beni in un mese privo di acquisti), o di soggetti che non versano l’IVA su tutte le cessioni.

La posizione più critica è pur tuttavia, per quanto spiegato, quella del contribuente acquirente, che dovrà porre particolare attenzione a quanto, a prima vista, può apparire un buon affare, per poi rivelarsi fonte di accertamento fiscale.

Lo Studio resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento o approfondimento.

Vincenzo Pollastrini

Dottore commercialista

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