OBBLIGO DI COMUNICAZIONE DEL DOMICILIO DIGITALE Per società, imprese individuali e professionisti iscritti in albi o elenchi Entro il 1° ottobre 2020

di Vincenzo Pollastrini

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale, lo scorso 14 settembre, la Legge 11 settembre 2020, n.120, di conversione del D.L. n.76/2020 (c.d. decreto semplificazioni).

L’art.37 del D.L. n.76/2020 modifica l’art.16 del D.L. n.185/2008 e l’art. 5 del D.L. n.179/2012.

Nulla di nuovo nella sostanza.

Società, imprese individuali e professionisti erano già obbligati a dotarsi di un indirizzo digitale, comunicandolo agli enti di competenza.

La norma interviene sulle conseguenze dell’inadempimento, fissando il 1° ottobre 2020 come data ultimativa, ed inasprendo l’apparato sanzionatorio.

Coloro che hanno già provveduto nei tempi dovuti, non sono tenuti a ripetere comunicazioni già effettuate. 

E’ consigliabile tuttavia un controllo dell’effettiva funzionalità del domicilio eletto, e della sua corretta trasposizione da parte degli enti preposti.

IL DOMICILIO DIGITALE

La nozione di domicilio digitale è contenuta nell’art.1, comma 1, lettera n-ter, del Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. n. 82/2005), che lo identifica con un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento UE 23 luglio 2014, n.910. 

La dotazione di un indirizzo PEC tuttavia non è sufficiente. 

E’ necessario provvedere a specifici obblighi di comunicazione e pubblicità, per consentire ai soggetti interessati di comunicare con società, imprese e professionisti mediante posta elettronica certificata. 

SOCIETA’

Le società che non hanno già provveduto a suo tempo, devono comunicare il proprio domicilio digitale al registro delle imprese, entro il 1° ottobre 2020, in esenzione di imposta di bollo e diritti di segreteria.

La sanzione per gli inadempienti è compresa tra un minimo di € 206 ed un massimo di € 2.064 (il doppio rispetto a quanto previsto dall’art.2630, Cod. Civ.). 

Identica sanzione è irrogata nei confronti delle società che possiedono un indirizzo digitale inattivo. In tal caso, però, la sanzione scatta soltanto se la società non provvede a comunicare un nuovo ed attivo indirizzo digitale entro 30 giorni dalla diffida del registro delle imprese.  

Nell’ipotesi precedente invece (omessa comunicazione entro il 1° ottobre 2020), il termine è tassativo, e la sanzione scatta anche senza diffida preventiva.   

Si consiglia di controllare (es. tramite visura camerale aggiornata) che il registro delle imprese possegga l’indirizzo digitale corretto ed attivo, per evitare sgradite sorprese. 

In ogni caso, agli inadempienti viene assegnato un indirizzo digitale d’ufficio, con ulteriori costi a carico (se eccedenti le sanzioni irrogate). 

Le società che intendono iscriversi nel registro delle imprese (dunque le nuove società), senza domicilio digitale, si vedranno sospendere la domanda di iscrizione, in attesa che sia integrata con il domicilio digitale.

IMPRESE INDIVIDUALI

La procedura è solo in parte simile, per le imprese individuali.

Coloro che non hanno già provveduto a suo tempo (imprese individuali attive e non soggette a procedure concorsuali), devono comunicare il proprio domicilio digitale al registro delle imprese, entro il 1° ottobre 2020, in esenzione di imposta di bollo e diritti di segreteria.

La sanzione per gli inadempienti è differente rispetto a quella delle società, poiché compresa tra un minimo di € 30 ed un massimo di € 1.548 (il triplo rispetto a quanto previsto dall’art.2194, Cod. Civ.). 

Identica sanzione è irrogata nei confronti delle imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, che possiedono un indirizzo digitale inattivo

In entrambi i casi, la sanzione scatta soltanto se l’impresa non provvede a comunicare un nuovo ed attivo indirizzo digitale entro 30 giorni dalla diffida del registro delle imprese (nel caso delle società, invece, il paracadute della diffida si apre soltanto per coloro che si presentano con un indirizzo digitale inattivo).   

Si consiglia di controllare (es. tramite visura camerale aggiornata) che il registro delle imprese possegga l’indirizzo digitale corretto ed attivo, per evitare sgradite sorprese. 

In ogni caso, agli inadempienti viene assegnato un indirizzo digitale d’ufficio, con ulteriori costi a carico (se eccedenti le sanzioni irrogate). 

Le imprese che intendono iscriversi nel registro delle imprese (dunque le nuove imprese), senza domicilio digitale, si vedranno sospendere la domanda di iscrizione, in attesa che sia integrata con il domicilio digitale.

PROFESSIONISTI

L’obbligo riguarda i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato. Esiste pertanto una minoranza di professionisti esclusi (coloro che in tali albi o elenchi non sono iscritti). 

La comunicazione del domicilio digitale deve essere effettuata ai rispettivi ordini e collegi, per chi non ha provveduto a suo tempo. 

Un caso particolare è rappresentato dai revisori legali e dalle società di revisione legale, che inoltrano la comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze o al soggetto incaricato della tenuta del registro.

A differenza di imprese individuali e società, non è previsto un termine (ma è quanto mai opportuno attivarsi immediatamente, per evitare di correre inutili e gravi rischi).

L’inadempiente non viene direttamente sanzionato. 

E’ prevista una preventiva diffida ad adempiere entro 30 giorni, da parte del Collegio o Ordine di appartenenza. Se anche in tal caso il professionista non adempie, si applica la sospensione dall’albo o elenco a cui il professionista è iscritto, fino alla comunicazione del domicilio.

Anche in questa ipotesi, è sconsigliabile attendere la diffida. E’ invece opportuno verificare se al proprio Collegio o Ordine di appartenenza è stato a suo tempo comunicato un indirizzo digitale corretto e tuttora attivo. 

TRE NORME DIVERSE PER SOCIETA’, IMPRESE INDIVIDUALI, PROFESSIONISTI – UNA ECCEZIONE SIGNIFICATIVA PER I PROFESSIONISTI NON ISCRITTI IN ALBI O ELENCHI

Occorre una discreta dose di ironia per qualificare come decreto semplificazioni una norma che adotta tre (anzi quattro) procedure differenti, con differenti conseguenze.

Per le società il termine del 1° ottobre 2020 è tassativo, non esiste la possibilità di regolarizzare dopo una diffida. Dal 1° ottobre immediatamente scattano le sanzioni.

Per le ditte individuali esiste un termine (1° ottobre 2020), ma gli inadempienti possono recuperare entro i 30 giorni dalla diffida.

I professionisti iscritti ad albi o elenchi, se inadempienti (senza che assuma alcun rilievo il termine del 1° ottobre 2020), verranno diffidati, e la sanzione non è pecuniaria (si tratta di sospensione).

La presenza di un indirizzo inattivo comporta una diffida per imprese e società, ma non per i professionisti (ma è immaginabile che gli albi provvederanno in tal senso).

I professionisti non iscritti ad albi o elenchi rimangono per ora immuni da un obbligo specifico di comunicare il proprio indirizzo digitale.

CONCLUSIONI: E’ BENE ATTIVARSI IMMEDIATAMENTE

Non sempre si può contare sulla salvezza offerta da una diffida preventiva. 

Ma anche ove ciò fosse possibile (es. professionisti), va messo in conto che per le più svariate ragioni (es. errore nella notifica) la diffida potrebbe non essere ricevuta. Scatterebbero allora tutte le conseguenze di legge. Nel caso, si potrebbe opporre l’irregolare notifica della diffida, ma è chiaro che si entrerebbe in un tunnel che sarebbe bene non percorrere.

Ecco una serie di consigli:

  • Controllare che il proprio indirizzo PEC sia stato regolarmente comunicato a suo tempo (es. tramite visure camerali per imprese e società, o accesso alle aree riservate dei siti dei rispettivi albi per i professionisti).
  • Controllare che il proprio indirizzo PEC sia effettivamente attivo. Ciò significa presidiare le scadenze, provvedere per tempo a rinnovare le eventuali licenze, verificare che la memoria sia capiente, ecc. Si tratta di un principio di buon senso, atteso che atti importanti (es. accertamenti fiscali) potrebbero essere stati notificati ad insaputa del contribuente, con conseguenze a volte devastanti (es., impossibilità di opporre ricorso).
  • Provvedere a comunicare entro il 1° ottobre 2020 il proprio indirizzo digitale attivo, senza attendere diffide (anche nei casi in cui la norma le prevede).
  • Infine, al di là dell’obbligo di cui parliamo, è fondamentale aprire la propria PEC e verificarne il contenuto con cadenza quotidiana: ciascun atto pregiudizievole (es. avvisi di accertamento) contiene scadenze per ricorrere o per pagare, talvolta usufruendo di sanzioni ridotte entro un certo termine. Trascurarlo, ovvero ignorarne la giacenza nella casella PEC, oltre i termini stabiliti, comporta la decadenza irrimediabile dal diritto di presentare ricorso o pagare in forma ridotta.

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Anzio, 21 settembre 2020 

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