DECRETO LIQUIDITA’ Molte ombre, poche luci

di Vincenzo Pollastrini

Lì non vi sono scuole: lì non vi sono maestri: lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica … era già da cinque mesi che durava questa bella cuccagna … quando una mattina Pinocchio, svegliandosi, ebbe, come si suol dire, una gran brutta sorpresa … vide, cioè, la sua immagine abbellita di un magnifico paio  di orecchi asinini” (Carlo Collodi, Le avvenute di Pinocchio).

Il provvedimento è stato annunciato con toni entusiastici.

Si è parlato di “potenza di fuoco”: arrivano soldi per tutti e finanziamenti facili.

Un aggettivo che ricorre spesso è “immediata”.

Rinviamo l’analisi tecnica alle singole tematiche, trattate nel nostro sito, e proviamo per ora ad offrire una lettura in termini economici.

Ecco il bilancio di migliaia di pagine di provvedimenti (il primo è del 17 marzo), al momento in cui si scrive.

Finanziamenti (da restituire).

Proroghe di imposte (che comunque andranno pagate), ma in modo disorganico, parziale e frammentario.

Semplificazioni burocratiche: non pervenute.

Riduzioni effettive di imposte: non pervenute.

Denaro ad oggi affluito al settore produttivo: zero.

Futuro contenzioso con lo Stato: matematicamente certo, a causa del proliferare di norme spesso contraddittorie, scadenze differenziate, eccezioni e interpretazioni di ogni sorta.

I finanziamenti offerti ad aziende e professionisti, garantiti in tutto o in parte dallo Stato, corrispondono ad un impegno di 400 miliardi.

E’ bene chiarire che lo Stato, oggi, a fronte di questo intervento, non spende 400 miliardi, ma più o meno 3 miliardi. 

I finanziamenti infatti verranno erogati dal sistema bancario. Lo Stato si limita a garantire: se imprese e professionisti non rimborsano a scadenza, sarà lo Stato a intervenire a favore della banca erogatrice.

La garanzia statale rappresenta indubbiamente un vantaggio. 

I finanziamenti fino a 25.000 euro giungeranno infatti, senza istruttoria e senza spese, nelle casse dei richiedenti. Una vera cuccagna.

Non così i finanziamenti di importo superiore, ma la copertura dello Stato, sino al 90%, renderà certamente più agevole l’accesso al credito.

Sin qui, tutto bene (almeno sembra).

Diamo per scontato che il via libera (necessario) dell’Unione Europea arrivi presto.

Diamo anche per scontato che tutto funzioni a dovere, e che le banche siano in grado, in un momento del genere, di sostenere l’urto imponente di migliaia di richieste più o meno contemporanee.

Diamo ancora per scontato che non sorgano dal nulla (come talvolta purtroppo accade) defatiganti incombenze burocratiche.

Chiediamoci tuttavia cosa accadrà quando molti imprenditori e molti professionisti, spesso già fortemente indebitati (e il più delle volte con lo Stato, per imposte pregresse), non riusciranno a rimborsare in tutto o in parte i finanziamenti ottenuti.

Quando, e non se: perché è prevedibile che ciò accadrà.

Molti titolari di partita IVA preferiranno infatti utilizzare il denaro ricevuto per versare imposte arretrate, che generano interessi, oneri e sanzioni: cambieranno dunque debito cattivo con debito buono, ma sempre di debito si tratta.

Non dimentichiamo infatti che non veniamo da un periodo florido, ma da oltre un decennio di crisi pressoché ininterrotta. 

Altri utilizzeranno il denaro ricevuto semplicemente per restare a galla, senza garanzia di continuità.

Fallimenti e crisi di impresa porteranno inevitabilmente insolvenze e transazioni.

Risultato: se la banca non recupera, interviene lo Stato.

Lo Stato, utilizzando i poteri coercitivi di cui molti purtroppo conoscono la “potenza di fuoco”, recupererà il recuperabile, affossando definitivamente i malcapitati o i più deboli.

Si verificheranno comunque insolvenze, che andranno ad aumentare i debiti di bilancio dello Stato nei prossimi anni.

Riepiloghiamo.

Lo Stato oggi non si indebita in misura massiccia: cassa integrazione a parte, non eroga contributi a fondo perduto o in conto esercizio per sostenere le perdite di imprese e lavoratori autonomi, ma si limita ad offrire garanzie per il futuro.

Eppure, oggi, potrebbe indebitarsi con più coraggio di quanto non stia già facendo, in quanto l’emergenza sanitaria ed economica è conclamata, ed una serie di vincoli cadono. In altri termini, il debito fatto oggi verrebbe tollerato. 

Anche i mercati (quelli che fanno alzare lo spread e dunque l’indebitamento dello Stato per interessi) presumibilmente assorbirebbero un indebitamento sul bilancio 2020 senza particolari danni.

Il governo ha invece deciso: meno debito nel 2020, pazienza se tutto ciò porterà maggior debito negli anni successivi (nei quali, aggiungiamo, saranno forse altri governi a dover gestire questo nuovo debito).

Negli anni successivi (2021, 2022, ecc.) però sarà complicato far capire ai partner europei che il debito viene dall’emergenza sanitaria di anni prima (2020). 

I mercati probabilmente non reagiranno bene, ed assisteremo al film già visto di spread che si impennano, interessi che aumentano (peggiorando la situazione debitoria dello Stato), e così via, in un crescendo di cui non immaginiamo la fine (o forse sì).

Il punto è: non era meglio indebitarsi oggi, nel 2020, con meno impegni (garanzie) sugli anni futuri, ma stanziando risorse reali nel 2020, assistendo le imprese con sgravi veri e propri, riduzione di imposte, o sanatorie sul pregresso?

Iniettare la medicina della liquidità è necessario, e lo si sta facendo. 

Bene.

Iniettare insieme alla medicina della liquidità il veleno del debito per aziende e professionisti, e, un domani, come un boomerang, per lo Stato, rischia però di rivelarsi letale.

Il dubbio fortissimo è che sia persa l’occasione per far ripartire l’economia con misure veramente coraggiose, in termini di riduzione di imposte, rottamazioni, sburocratizzazione ingente.

Se non ora, quando?

Il povero Partita IVA – Pinocchio entrerà con facilità nel paese dei balocchi, con banche che spalancano le porte e qualche tassa da versare domani anziché oggi … 

Auguriamoci che non si risvegli un giorno con due grosse orecchie d’asino. 

Anzio, 8 aprile 2020 

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