Modalità applicative, versamenti, tempistica e criticità
D.M. 28 dicembre 2018 – Ministro dell’Economia e delle finanze (in Gazzetta Ufficiale n.5 del 7 gennaio 2019)
SCADENZA PER IL VERSAMENTO: TRIMESTRALE (NON PIU’ ANNUALE)
A pochi giorni dalla nascita, già cambiano le modalità (e le tempistiche) per il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche non soggette ad IVA.
La cadenza (inizialmente stabilita come annuale) diventa trimestrale. Il pagamento deve pertanto avvenire entro il giorno 20 del mese successivo a ciascun trimestre. Pertanto:
20 aprile 2019 per le fatture elettroniche emesse nel I trimestre
20 luglio 2019 per le fatture elettroniche emesse nel II trimestre
20 ottobre 2019 per le fatture elettroniche emesse nel III trimestre
20 gennaio 2019 per le fatture elettroniche emesse nel IV trimestre
E così via per gli anni successivi.
MODALITA’ DI VERSAMENTO
Inizialmente era previsto l’utilizzo del modello F24, con codice tributo 2501. L’ultimo provvedimento stabilisce, a parziale rettifica, che sarà l’Agenzia delle entrate a rendere noto l’ammontare dell’imposta dovuta, sulla base dei dati presenti nelle fatture elettroniche inviate attraverso il Sistema di interscambio (emesse dal 1° gennaio 2019).
L’informazione sull’importo dovuto verrà riportata nell’area riservata del contribuente presente sul sito dell’Agenzia delle entrate (portale denominato “Fatture e Corrispettivi“). E’ fondamentale pertanto poter accedere a tale area riservata. Occorre possedere le credenziali Fisconline o Entratel, o un identificativo SPID (sistema pubblico di identità digitale), ovvero la Carta nazionale dei servizi.
Il pagamento potrà avvenire, alternativamente:
– Mediante il servizio presente nella predetta area riservata (con addebito su conto corrente bancario o postale).
– Utilizzando il modello F24 predisposto dall’Agenzia delle entrate.
SU QUALI FATTURE E’ DOVUTA L’IMPOSTA DI BOLLO
Sono assoggettate a bollo (€ 2) le operazioni non soggette ad IVA, se di importo superiore ad € 77,47. Di seguito le ipotesi maggiormente ricorrenti:
– Operazioni fuori campo IVA per assenza del presupposto oggettivo o soggettivo: articoli 2, 3, 4, 5, D.P.R. n.633/1972.
– Operazioni fuori campo IVA per assenza del presupposto territoriale: articoli da 7 a 7-septies, D.P.R. n.633/1972.
– Operazioni assimilate alle esportazioni: articolo 8-bis, D.P.R. n.633/1972.
– Servizi internazionali e connessi agli scambi internazionali: articolo 9, D.P.R. n.633/1972.
– Cessioni ad esportatori abituali: articolo 8, lettera c, D.P.R. n.633/1972.
– Operazioni escluse dalla base imponibile IVA: articolo 15, D.P.R. n.633/1972.
– Operazioni esenti IVA: articolo 10, D.P.R. n.633/1972.
– Operazioni non soggette ad IVA perché effettuate da contribuenti minimi/forfetari.
SU QUALI FATTURE NON E’ DOVUTA L’IMPOSTA DI BOLLO
Non sono assoggettate a bollo le operazioni soggette ad IVA (di qualunque importo).
Non sono assoggettate a bollo le operazioni non soggette ad IVA se di importo non superiore ad € 77,47.
Inoltre, non sempre la mancanza di IVA addebitata, in fatture di importo superiore ad € 77,47, implica l’applicazione dell’imposta di bollo. Elenchiamo una serie di fattispecie in cui, pur in assenza di IVA, l’imposta di bollo non è dovuta:
– Esportazioni di merci: articolo 8, lettere a e b, D.P.R. n.633/1972.
– Cessioni intracomunitarie di beni: articoli 41, 42 e 58, D.L. n.331/1993.
– Operazioni in reverse charge: articolo 17, comma 6, lettera a, a-bis, a-ter, D.P.R. n.633/1972 (a meno che non si tratti di operazioni che, anche in assenza di reverse charge, sarebbero esenti da IVA).
– Operazioni in split payment (es. con pubbliche amministrazioni o società destinatarie di fatture secondo tale modalità), a meno che non si tratti di operazioni che, anche in assenza di split payment, sarebbero esenti da IVA.
– Cessioni di rottami: articolo 74, comma 7 e 8, D.P.R. n.633/1972.
FATTURE MISTE
Può accadere che una fattura contenga sia importi soggetti ad IVA che importi non soggetti. Nel caso, l’imposta di bollo è dovuta se la parte di fattura non assoggettata ad IVA supera l’importo di € 77,47.
Emblematico il caso dei professionisti, che addebitano, oltre alla parcella, l’importo di spese sostenute in nome e per conto dei clienti (escluso da IVA ai sensi dell’art.15, D.P.R. n.633/1972).
In verità, esistono opinioni contrastanti su tale ultimo aspetto, per effetto di una precisa terminologia utilizzata nella Risoluzione ministeriale n.98/E del 2001, che indica i “corrispettivi” esenti o non assoggettati ad IVA come gli elementi che comportano l’assolvimento dell’imposta di bollo (se superano la soglia limite). Dal momento che le “spese” addebitate ai clienti non sono “corrispettivi“, vi è chi sostiene che l’imposta di bollo non andrebbe applicata.
Manca tuttavia una conferma ufficiale circa la correttezza di questa prassi. Chi scrive ritiene pertanto preferibile adottare un comportamento prudenziale, tendente ad assoggettare a bollo anche le spese addebitate (sempre che superino la soglia minima).
INDICAZIONE DELL’IMPOSTA DI BOLLO SULLA FATTURA ELETTRONICA
Per consentire all’Agenzia delle entrate di calcolare l’imposta di bollo, la fattura elettronica dovrà essere compilata in modo corretto.
Quando l’imposta di bollo è dovuta, occorre entrare nella sezione “Dati Generali“, inserendo l’apposito flag nella casella “Dati Bollo“, e l’indicazione “Si” all’interno del campo “Bollo Virtuale“, con il valore di € 2 nel campo “Importo Bollo“.
In uno dei campi facoltativi, occorre indicare che “l’imposta di bollo è stata assolta ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 giugno 2014“.
ERRORI, OMISSIONI, RESPONSABILITA’
La normativa prevede che “l’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine“. Chi pertanto emette ancora fatture cartacee (es. contribuenti forfetari) deve porre attenzione alla data di stampa del contrassegno adesivo, che non può essere successiva rispetto alla data della fattura.
Questo problema non si pone per chi emette fattura elettronica, dal momento che il pagamento avviene entro il giorno 20 del mese successivo al trimestre.
Sorgono tuttavia altre questioni.
E’ chiaro che, una volta calcolato il tributo dall’Agenzia delle entrate, l’emittente ne diviene l’unico responsabile.
Persiste tuttavia una responsabilità solidale da parte di chi riceve una fattura irregolare sotto il profilo dell’imposta di bollo (con sanzione dal 100% al 500%).
Pertanto i destinatari di fattura priva di IVA sono tenuti a controllare la fattura digitale ricevuta. Se (una volta verificato che l’imposta di bollo era dovuta) manca la dicitura “imposta di bollo assolta” o altra equivalente, il destinatario (ove non fosse possibile riscontrare in altro modo con il fornitore l’avvenuto assolvimento dell’imposta di bollo, ad esempio mediante compilazione dei relativi campi nel file Xml) può evitare la sanzione soltanto attivando la procedura di regolarizzazione entro 15 giorni dal ricevimento del documento (che deve inoltre essere presentato all’Agenzia delle entrate).
Meglio forse attivarsi per un immediato storno della fattura errata da parte del fornitore (previa nota di credito tramite Sistema di interscambio), che dovrà riemettere la fattura corretta (con l’indicazione dell’assolvimento dell’imposta).
Il riscontro sulla copia cartacea di cortesia, naturalmente, non libera il destinatario della fattura (che dovrà sempre verificare la versione digitale della fattura, l’unica originale).
Ricordiamo che l’eventuale rivalsa del bollo sul cliente, ove preconcordata, va esposta in fattura come importo fuori campo IVA ai sensi dell’art.15, D.P.R. n.633/1972.
I CONTROLLI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’Agenzia delle entrate è perfettamente in grado di calcolare l’imposta di bollo dovuta se i campi relativi all’imposta sono correttamente valorizzati.
Cosa accade se il contribuente (in buona o in mala fede) non compila i campi dell’imposta di bollo, anche se l’imposta è dovuta?
Può certamente accadere che il cliente faccia notare al fornitore l’inadempimento (o che, di fatto, lo denunci, provvedendo in autonomia a regolarizzare il documento).
Se ciò non si verifica, è lecito domandarsi se l’Agenzia delle entrate dispone di strumenti in grado di verificare automaticamente l’evasione dell’imposta di bollo.
Al momento pare che l’Agenzia delle entrate non sia in grado di verificare con certezza in modo automatico (quindi in assenza del controllo umano) una eventuale evasione. Non in tutti i casi, almeno.
Pensiamo alle operazioni che vengono catalogate in fattura elettronica come N3:
– Cessioni all’esportazione (esenti da bollo).
– Cessioni verso esportatori abituali, servizi internazionali (soggette a bollo).
I sistemi automatici leggono che si tratta di operazioni N3, ma non comprendono se si tratta di cessioni all’esportazione (esenti) o di servizi internazionali (soggetti). E’ pur vero che l’informazione potrebbe emergere dal campo “Riferimento Normativo“, che però è un campo facoltativo (se ne consiglia comunque sempre la compilazione, per evitare disagi in sede di dichiarazione IVA, nella quale gli importi vanno distinti).
Pensiamo anche alle esportazioni non imponibili IVA ed esenti da bollo, valorizzate con XXXXXXX, che potrebbero però contenere anche somme escluse da IVA per altre ragioni, e pertanto (se superiori alla soglia) soggette a bollo.
Altro discorso per i documenti inviati facoltativamente tramite SdI, non considerati fatture elettroniche ma in taluni casi soggetti a bollo.
E’ probabile dunque che i software di controllo non siano in grado di far emergere in automatico alcune tipologie specifiche di evasione di imposta.
D’altro canto si sconsiglia vivamente di contare su tali possibili falle di sistema, per più ragioni (oltre alla ovvia necessità di rispettare la norma):
– Non può essere escluso un accertamento di tipo manuale, comunque agevolato dal possesso delle fatture in capo all’Agenzia delle entrate (che non deve più necessariamente richiederle all’emittente).
– Non può essere esclusa una repentina evoluzione dei sistemi automatici di controllo, in grado di leggere anche le informazioni estranee ai campi obbligatori.
– Non può essere escluso un accertamento del tipo “pesca a strascico“, in cui l’Agenzia delle entrate intanto notifica il mancato assolvimento del bollo ove in automatico legge l’assenza di IVA, salvo poi dover il contribuente attivarsi per ridurre l’accertamento in funzione della reale natura delle operazioni (es., nel caso sopra citato, tutte le operazioni dell’insieme N3 senza bollo potrebbero essere indistintamente e automaticamente oggetto di accertamento; sarà poi onere del contribuente documentare l’esistenza di un sottoinsieme escluso da bollo).
CONCLUSIONI
Per quanto sopra spiegato, anche in merito ai profili di responsabilità, si consiglia:
– A chi emette fatture elettroniche prive di IVA, di verificare con attenzione se l’imposta di bollo è dovuta.
– A chi riceve fatture elettroniche prive di IVA, di verificare con attenzione se l’imposta di bollo era dovuta, e se il fornitore l’ha correttamente assolta.
Si resta a disposizione per eventuali chiarimenti.
Anzio, 24 gennaio 2019
Vincenzo Pollastrini
Dottore commercialista