DICHIARAZIONI DI INTENTO rilasciate da clienti esportatori abituali per acquisire beni o servizi senza applicazione di IVA

Art.12-septies, D.L. n.34/2019, convertito in L. n.58/2019

Dal 1° gennaio 2020 cambiano alcune procedure relative alla gestione delle dichiarazioni di intento

Si consiglia la massima attenzione ai fornitori destinatari di tali dichiarazioni da parte dei propri clienti – sono previste sanzioni anche in caso di errore formale nell’emissione della fattura – sono previste forme di corresponsabilità con il proprio cliente

   Dal 1° gennaio 2020 l’esportatore abituale che intende acquistare beni o servizi senza applicazione dell’IVA non è più tenuto a consegnare la dichiarazione di intento (e la ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate) a ciascun fornitore. Si tratta in realtà di una semplificazione soltanto apparente, in quanto il fornitore (come vedremo) è tenuto ad una serie di adempimenti a cui non potrebbe ottemperare senza aver ottenuto dal proprio cliente le principali informazioni riguardanti la dichiarazione di intento.

Adempimenti

   Sia l’esportatore abituale (cliente) che il proprio fornitore non sono più tenuti a numerare le dichiarazioni di intento, né ad annotarle negli appositi registri.

   Il fornitore dell’esportatore abituale non è più tenuto a riportare in dichiarazione i dati delle lettere di intento.

   L’esportatore abituale riepiloga invece in dichiarazione IVA, nel quadro VC, le dichiarazioni di intento emesse.

   Il fornitore dell’esportatore abituale, quando emette fattura non imponibile IVA, in ragione della richiesta del proprio cliente, deve indicare sulla fattura gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione di intento, attribuito dall’Agenzia delle Entrate, e stampato sulla ricevuta rilasciata al cliente.

   Ne consegue che, al di là dell’apparente semplificazione di cui si è detto, il fornitore dovrà comunque acquisire dal proprio cliente la lettera di intento e la ricevuta di presentazione della stessa all’Agenzia delle Entrate.

La fattura

   La fattura dovrà essere emessa con la dicitura “non imponibile, art.8, comma 1, lettera c, D.P.R. n.633/1972. La trasmissione allo SdI avviene valorizzando il codice N3 nel campo relativo alla natura dell’operazione, mentre il protocollo di ricezione attribuito alla dichiarazione di intento dall’Agenzia delle Entrate deve essere inserito in uno dei campi relativi ai dati generali (ad esempio il campo “causale”, o “altri dati gestionali”). Va assolta l’imposta di bollo di € 2,00 per le fatture (e note di variazione) in esame di importo superiore a € 77,47.

   L’emissione di fattura non imponibile IVA in mancanza di dichiarazione di intento è sanzionata in capo al fornitore con un importo dal 100% al 200% dell’imposta (fermo restando l’obbligo di pagamento dell’IVA). Allo stesso modo si ritiene punibile l’applicazione della non imponibilità oltre il plafond indicato dall’esportatore abituale. Analoga sanzione (oltre alla responsabilità relativa al tributo) si applica a chi rilascia dichiarazioni di intento senza averne i presupposti.

Sanzioni

   Il fornitore che effettua operazioni non imponibili IVA prima di aver riscontrato l’invio telematico della dichiarazione di intento (dunque anche quando emette fattura senza indicazione del protocollo di ricezione) è sanzionato con una somma da € 250 ad € 2.000.

   Dell’IVA dovrebbe rispondere sempre e solo chi ha rilasciato dichiarazione di intento falsa o errata, o in assenza dei relativi presupposti (es. falsi esportatori abituali). In realtà la giurisprudenza della Corte di Cassazione è arrivata a sostenere la responsabilità per l’IVA anche in capo al fornitore, non solo quando è consapevole della frode del proprio cliente, ma anche quando avrebbe dovuto semplicemente intuirla o immaginarla.

   Si tratta di una tendenza ormai sempre più diffusa in ambito tributario: se l’Amministrazione finanziaria non riesce a perseguire il vero promotore di una frode (es. cliente, falso esportatore abituale), rischia di risponderne anche la sua controparte (es. suo fornitore) che ritiene di essere incolpevole, ma che per il fisco incolpevole non è, solo perché non ha idoneamente e documentalmente controllato la propria controparte.

Consigli a tutti i fornitori di esportatori abituali

   Si consiglia pertanto a tutti i fornitori di esportatori abituali, che emettono fatture non imponibili IVA, di documentare e conservare i seguenti passaggi, da opporre al verificatore che intendesse ritenerli responsabili di eventuali frodi o mancanze del proprio cliente:

  • Verifica della validità della partita IVA del cliente e relativo stato di attività, mediante il servizio gratuito disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate;
  • Visura camerale del cliente, diretta ad accertare una serie di elementi (es. data di inizio attività, codice attività, eventuali indizi che possano far pensare ad una falsità della dichiarazione di intento);
  • Stipula in forma scritta dei contratti con la controparte;
  • Pagamenti in forma tracciabile;
  • Verifica dell’effettiva ricezione della dichiarazione di intento da parte dell’Agenzia delle Entrate (per scongiurare ipotesi di falsi protocolli comunicati dal cliente), utilizzando la funzione disponibile nel relativo sito, o tramite cassetto fiscale. Il percorso sul sito è il seguente: “Home / Servizi / Verifica ricevuta dichiarazione di intento”. Vanno inseriti, per ottenere il dovuto riscontro, alcuni dati della ricevuta telematica della dichiarazione di intento (protocollo, numero progressivo, anno di riferimento, codice fiscale del dichiarante).

   E’ previsto un decreto attuativo, che potrebbe in tutto o in parte modificare alcune delle interpretazioni proposte. Nel caso, lo Studio provvederà a comunicarne il contenuto.

18 dicembre 2019

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